Il mondo della disabilità affronta sfide quotidiane che richiedono un impegno costante da parte delle istituzioni e della società. Per approfondire il tema, abbiamo intervistato l’Ing. Umberto Emberti Gialloreti, Presidente della Consulta della Disabilità e dell’Handicap della Regione Lazio, che ci ha raccontato il suo percorso personale e professionale, oltre a delineare le criticità e le prospettive per una vera inclusione.
Ingegner Gialloreti, può raccontarci del suo percorso professionale e di come è nato il suo interesse per il mondo della disabilità?
“Il mio percorso professionale è lungo e articolato, ma cercherò di sintetizzarlo. Mi sono laureato in Ingegneria Mineraria nel 1973 e, quasi subito, sono stato assunto dall’AGIP Mineraria di San Donato Milanese, esperienza che mi ha portato a girare il mondo e a entrare in contatto con numerosi ambiti dell’ingegneria. Nel corso degli anni ho lavorato in diversi settori, accumulando esperienze preziose e diversificate.
Verso la fine del secolo scorso, ho dovuto confrontarmi con una condizione che avevo inconsapevolmente portato fin dalla nascita: una degenerazione retinica che, progressivamente, ha iniziato a limitarmi. A quel punto ho deciso di abbandonare la mia posizione di dirigente d’azienda, pur continuando per qualche tempo la libera professione, finché non mi è stato possibile interromperla del tutto.
Il passaggio alla nuova condizione di non vedente è stato un momento di grande sconvolgimento e disagio, ma anche l’inizio di un percorso di riabilitazione volto a imparare a convivere con questa realtà. Personalmente, non condivido l’idea di “accettazione” nel senso tradizionale del termine, perché ritengo che implichi una rassegnazione che per me non è accettabile.
Un punto di svolta importante è avvenuto quando il Presidente dell’Unione Ciechi di Roma mi ha chiesto di rappresentare la nostra associazione in un organismo storico: la Consulta Cittadina Permanente sui Problemi delle Persone Handicappate, istituita nel 1981 dal Sindaco Petroselli per monitorare e valutare le politiche di integrazione. Questo incarico mi ha permesso di entrare in contatto con rappresentanti di diverse disabilità e di confrontarmi su tematiche fondamentali per l’inclusione sociale.
Il vero inizio della mia “nuova” vita nel mondo del volontariato è arrivato intorno al 2010. Da allora, ho avuto l’onore di essere eletto prima Vicepresidente e, nel 2014, Presidente della Consulta romana. Nel 2021, sono stato eletto come Presidente della Consulta della Disabilità e dell’Handicap della Regione, incarico riconfermatomi lo scorso luglio. Questo percorso nel volontariato mi ha permesso non solo di contribuire attivamente al miglioramento delle politiche per le persone con disabilità, ma anche di vivere una rinascita personale e professionale, impegnandomi quotidianamente per un’inclusione più autentica e partecipata.”
Quali sono, a suo avviso, le principali sfide che le persone con disabilità affrontano quotidianamente in Italia?
“Le sfide quotidiane per le persone con disabilità in Italia sono molteplici e di natura estremamente variegata. Un’espressione che uso spesso è: quando in una famiglia si manifesta una disabilità – e ciò può avvenire in ogni momento e nei modi più inaspettati – inizia un “viaggio con una valigia vuota”. Con queste parole intendo che, oltre allo sconcerto e allo sconforto iniziale, le famiglie si trovano improvvisamente a dover affrontare una carenza di informazioni essenziali per gestire questo passaggio epocale.
Non dovrebbe essere un amico o un social network a fornire il supporto necessario, ma dovrebbe intervenire un’Amministrazione, con la A maiuscola, capace di dire: “Non preoccuparti, ci penso io!”. È indispensabile che le istituzioni offrano un supporto concreto, fornendo informazioni chiare e accessibili su tutte le opportunità, i diritti e i servizi disponibili, trasformando così un percorso a ostacoli in un cammino alla portata di tutti.
È proprio per questo impegno che mi dedico a diffondere informazioni e a promuovere una maggiore consapevolezza: affinché ogni famiglia, in un momento così delicato, possa sentirsi accompagnata e supportata, senza dover affrontare da sola un sistema troppo spesso complesso e poco trasparente.”
Ha collaborato con diverse organizzazioni e istituzioni nel campo della disabilità. Può condividere alcune esperienze significative e i risultati ottenuti?
“Riassumere 15 anni di attività in poche righe non è semplice, ma alcuni risultati ottenuti a Roma sono particolarmente significativi. Ad esempio, la riforma dell’assistenza domiciliare del dicembre 2012 ha introdotto il diritto di scelta dell’utente tra assistenza diretta, indiretta o mista – un diritto, purtroppo, che nella pratica viene spesso negato. Un altro intervento fondamentale è stato la revisione del sistema di trasporto per le persone con ridotta o impedita mobilità, realizzata nel dicembre 2018. Questo servizio, che dal 1984 rappresentava un punto di forza per la nostra città essendo inizialmente riservato ai ciechi e alle persone in carrozzina, è stato esteso anche ad altre disabilità, sebbene, anche a causa del particolare momento giubilare, permangano ancora diversi limiti.
Un ulteriore cambiamento importante riguarda la modalità di accreditamento per gli enti erogatori del servizio OEPAC, che garantisce l’assistenza scolastica fino alla scuola media inferiore. Con questo nuovo sistema, è stato possibile superare il proliferare di bandi municipali caratterizzati da difformità inaccettabili, assicurando così maggiore uniformità e qualità per i nostri ragazzi.
A livello regionale, abbiamo avuto l’opportunità di contribuire attivamente: durante il passaggio tra le due Giunte regionali (dal 2021 al 2024) siamo intervenuti per favorire la pubblicazione del Libro Verde sul sistema “Dopo di noi”, uno strumento essenziale per affrontare le angosce delle famiglie e rivedere le modalità di intervento in questo ambito. Infine, più recentemente, abbiamo partecipato ai lavori della 7ª Commissione Regionale, che ha approvato il primo piano regionale sull’autismo, segnando un ulteriore passo avanti verso politiche più inclusive e mirate alle reali esigenze delle persone con disabilità.”
Come valuta l’attuale legislazione italiana in materia di disabilità? Ci sono aspetti che ritiene debbano essere migliorati?
“La legislazione italiana in materia di disabilità, sulla carta, appare estremamente avanzata e ricca di buone intenzioni. Tuttavia, nella pratica si evidenzia un netto divario tra il testo normativo e la sua effettiva applicazione. La mancanza di provvedimenti attuativi, la cronica insufficienza delle risorse finanziarie e il continuo rinvio delle riforme promesse rendono difficile trasformare in realtà quanto previsto dalla legge.
Un esempio emblematico è rappresentato dal provvedimento definito “epocale”, noto anche con il nomignolo di “Riformona”, il quale, a causa di innumerevoli proroghe, è stato posticipato per almeno un anno. Questo episodio sottolinea come l’intenzione di innovare e migliorare il sistema debba essere supportata da un impegno concreto da parte delle istituzioni, affinché la normativa possa tradursi in benefici tangibili per le persone con disabilità.”
L’accessibilità è un tema cruciale per l’inclusione. Quali passi concreti dovrebbero essere intrapresi per rendere le nostre città più accessibili?
“L’accessibilità non deve essere ridotta esclusivamente all’aspetto architettonico. È stato giusto evitare di “aggettivarla”, perché troppo spesso si è parlato delle barriere fisiche come se, una volta abbattute, tutto fosse risolto. In realtà, esistono numerose altre barriere che devono essere superate: quelle digitali e, soprattutto, quelle culturali. Quest’ultime, infatti, ci ricordano ogni giorno quanto sia ancora necessario un profondo cambiamento nel modo in cui concepiamo l’inclusione.
Per rendere le nostre città realmente accessibili, occorre adottare un approccio integrato che preveda:
– Interventi infrastrutturali: Non solo abbattere i gradini, ma ripensare gli spazi urbani per renderli fruibili da tutti.
– Soluzioni digitali: Promuovere tecnologie e servizi online accessibili, affinché ogni cittadino possa beneficiare pienamente delle risorse digitali.
– Cambiamento culturale: Educare la società per superare stereotipi e pregiudizi, affinché l’inclusione diventi parte integrante della nostra cultura.
Solo con un impegno su tutti questi fronti potremo garantire un accesso equo e una partecipazione piena alla vita sociale per ogni individuo.”
Nel contesto educativo, quali strategie ritiene siano più efficaci per favorire l’inclusione degli studenti con disabilità?
“Il diritto allo studio rappresenta, a mio avviso, l’ultimo diritto soggettivo realmente garantito, nonostante negli ultimi anni si siano verificati attacchi che avrebbero potuto sconvolgere persino figure di rilievo, come l’Onorevole Falcucci – ricordata per aver eliminato, nel 1977, le cosiddette “classi differenziali”, un vero vanto italiano. La scuola, infatti, non è solo un luogo di istruzione, ma rappresenta il contesto sociale più decisivo per l’inclusione degli studenti con disabilità.
In quest’ottica, le strategie più efficaci per favorire l’inclusione sono molteplici e vanno ben oltre il semplice aspetto didattico:
– Trasporto e assistenza: È essenziale garantire un trasporto adeguato e servizi di assistenza specifici che permettano agli studenti di raggiungere la scuola e partecipare attivamente alle attività educative senza barriere.
– Comunicazione e tecnologie: L’utilizzo di nuove tecnologie e tecniche di Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) è essenziale per creare ambienti di apprendimento accessibili e per superare le difficoltà comunicative che possono insorgere.
– Sostegno in classe: Il supporto didattico personalizzato e il sostegno diretto in classe sono determinanti per rispondere alle esigenze specifiche di ogni studente, garantendo così un percorso formativo completo.
– Formazione dei docenti e del personale: La formazione continua e specializzata di docenti e operatori educativi è indispensabile per affrontare le sfide legate all’inclusione, assicurando competenze aggiornate e metodologie efficaci.
– Integrazione sociale: Infine, la scuola deve essere un ambiente in cui si promuove la partecipazione attiva e l’integrazione sociale, affinché ogni studente, indipendentemente dalle proprie capacità, possa sentirsi parte integrante della comunità scolastica.
Solo attraverso un impegno congiunto e il costante investimento di risorse e professionalità le istituzioni potranno realmente garantire un’educazione inclusiva, capace di rispondere alle esigenze di una società che si proclama attenta, proiettata verso il futuro e moderna.”
La tecnologia sta avanzando rapidamente. In che modo le innovazioni tecnologiche possono supportare le persone con disabilità?
“Le nuove tecnologie, inclusa l’intelligenza artificiale, rappresentano oggi un’opportunità straordinaria che, se utilizzata con la giusta attenzione, può davvero costituire un nuovo paradigma per il supporto alle persone con disabilità. Tuttavia, è essenziale evitare quelle “sbornie” moderniste non ben valutate, che rischiano di proporre soluzioni appariscenti ma non sempre efficaci o adatte alle reali esigenze degli utenti.
I progressi medico-scientifici resi possibili da queste innovazioni offrono speranze concrete: la tecnologia può infatti contribuire a diagnosticare e trattare tempestivamente patologie comuni, le cui incidenze aumentano con l’allungarsi della vita media delle persone con disabilità. È essenziale, ripeto, che tali strumenti vengano sviluppati e implementati con cautela, affinché anche quei casi definiti “non collaboranti” – termine che uso con una certa riserva, ma che serve a descrivere situazioni di particolare complessità – possano beneficiare di interventi adeguati.
Un esempio significativo è il Progetto Tobia, avviato presso il San Camillo e ora presente in cinque ospedali romani, che ha rivoluzionato l’approccio nei nosocomi laziali. Questo progetto dimostra come la tecnologia possa essere integrata nel sistema sanitario per migliorare la diagnosi, il monitoraggio e il trattamento, offrendo un supporto più mirato e tempestivo alle persone con disabilità.
Se le innovazioni tecnologiche saranno maneggiate con cura e prudenza, esse potranno davvero contribuire a trasformare il modo in cui affrontiamo le sfide legate alla disabilità, migliorando la qualità della vita e favorendo un’inclusione sociale concreta, ricordando che l’approccio umano degli operatori, se autenticamente empatico, rende tutto possibile.”
Può parlarci del ruolo delle famiglie e delle comunità nel supporto alle persone con disabilità?
“Il ruolo delle famiglie e delle comunità nel supporto alle persone con disabilità è esistenziale, direi, e complementare. Come accennato in precedenza con l’analogia della “valigia vuota”, quando una famiglia si confronta per la prima volta con una disabilità, si ritrova improvvisamente priva degli strumenti e delle informazioni necessarie per affrontare questa sfida. In questo momento, la comunità dei pari diventa una sorta di nuova famiglia allargata, con cui i “nuovi” membri entrano in contatto fin da subito.
Spesso, subito dopo la scoperta del problema, si osserva un iniziale forte coinvolgimento da parte di familiari e amici. Tuttavia, questo supporto tende a scemare e con il tempo, lasciando spazio alla necessità di creare legami con altre famiglie che condividono esperienze simili. Questi contatti rappresentano un conforto reale e una fonte di sostegno continuo, poiché chi vive quotidianamente le stesse difficoltà sa bene cosa significa affrontare tali sfide.
I soggetti più intraprendenti e disponibili spesso si organizzano attivamente, dando vita a associazioni, gruppi e iniziative che non solo offrono un supporto pratico ed emotivo, ma avanzano anche proposte e rivendicazioni significative per migliorare le condizioni di vita dei propri cari e dell’intera comunità. In questo modo, la collaborazione tra le famiglie e la comunità diventa un elemento chiave per creare una rete solida e inclusiva, capace di rispondere in modo efficace alle esigenze di tutti. Spetta a noi accogliere tutte queste realtà e integrarle in un sistema accessibile a tutti.”
Lei è impegnato nella Consulta per la Disabilità. Qual è il ruolo di questo organismo e quali sono le iniziative più importanti che sta portando avanti?
“Il ruolo della Consulta per la Disabilità, come definito dalla legge 36 del 2003, è principalmente quello di stimolare, monitorare e commentare con attenzione i provvedimenti che la Regione intende adottare in una vasta gamma di settori. Tra questi rientrano:
– Sanità: dalle diagnosi precoci alla riabilitazione;
– Istruzione: dalla scuola all’università, per garantire un reale diritto allo studio;
– Assistenza: inclusa l’assistenza domiciliare, con un focus sulla personalizzazione dei servizi;
– Mobilità: migliorare il trasporto per le persone con ridotta o impedita mobilità;
– Lavoro: per promuovere l’inclusione lavorativa e combattere le discriminazioni;
– Sport, cultura e tempo libero: affinché le persone con disabilità possano partecipare pienamente alla vita sociale;
– Dopo di noi: con una fase preparatoria di “durante noi”, finalizzata a garantire un futuro dignitoso alle persone con disabilità anche quando i familiari non potranno più occuparsene.
Uno dei temi più impegnativi e rilevanti è quello della vita indipendente, sancito dall’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Interessante notare che, nella versione originale inglese, il concetto non è “independent” ma “independently” — un’idea più profonda che indica l’autonomia nonostante la disabilità, affermando il diritto di vivere secondo le proprie scelte, indipendentemente dalla condizione fisica o mentale.
Un’altra battaglia importante riguarda l’articolo 12 della Convenzione ONU, che protegge il patrimonio delle persone con disabilità. L’obiettivo è impedire la spoliazione dei loro beni e garantire che il patrimonio familiare venga equamente distribuito tra tutti i figli, evitando discriminazioni e prevenendo la richiesta di compartecipazioni economiche ingiuste per le spese assistenziali.
La Consulta si batte per la tutela integrale delle persone con disabilità, affinché nessun diritto venga lasciato indietro e affinché ogni intervento regionale sia realmente inclusivo e rispettoso della dignità di ogni individuo.”
A livello regionale, ci sono proposte di legge o iniziative in commissione che potrebbero migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità? Quali sono i principali ostacoli alla loro approvazione?
“Un tema determinante e atteso da tempo a livello regionale è la vera integrazione socio-sanitaria. Molte delle attività rivolte alle persone con disabilità oscillano tra l’ambito sociale e quello sanitario, con una prevalenza a volte dell’uno, a volte dell’altro, ma sempre con elementi di entrambi. La proposta chiave consiste nel mettere in comune i budget di questi due comparti, razionalizzando le risorse, evitando sprechi e distorsioni.
L’obiettivo è dare concreta attuazione all’articolo 14 della Legge 328 del 2000, che prevede:
– La stesura del Piano Individuale: un progetto personalizzato che accompagna la persona con disabilità, adattandosi ai cambiamenti delle sue esigenze nel tempo.
– La predisposizione del budget di progetto: tutte le risorse devono confluire in un unico portafoglio vincolato, alimentato da diverse fonti, tra cui:
– INPS (invalidità e accompagnamento)
– Stato (fiscalità generale)
– Sanità distrettuale
– Ente locale (con assistenze)
– Famiglie
– Enti del terzo settore
– Sponsorizzazioni e fondi come il 5×1000
L’idea è semplice ma potente: ognuno cede una parte del proprio budget — sociale o sanitario — per creare un fondo unico, trasparente e ben definito, da destinare al progetto individuale della persona con disabilità.
Il Nuovo Piano Regolatore Sociale Regionale, attualmente in fase di approvazione, tocca questo tema, ma — ed è qui il punto critico — mancano modalità e tempistiche certe. È improrogabile che le intenzioni non restino solo parole, ma si traducano in obiettivi chiari e misurabili.
I principali ostacoli sono:
– La resistenza burocratica a far dialogare sanità e sociale, comparti spesso bloccati in una logica di competenze separate.
– La mancanza di una regia unitaria che garantisca l’effettivo coordinamento delle risorse.
– Il rischio che tutto resti su carta, senza una reale attuazione operativa.
Le mie speranze e aspettative per il futuro sono, in fondo, semplici: che le persone con disabilità possano essere felici e serene, vivendo una vita dignitosa e rispettata, sostenuta da un sistema che non le lasci sole e che sappia garantire diritti, autonomia e inclusione reale.”
Infine, quale messaggio vorrebbe trasmettere ai lettori per sensibilizzarli sul tema della disabilità?
“Il messaggio è chiaro: non guardiamo alle persone con disabilità solo attraverso la lente distorta che li mostra come “geni” o “eroi” — come accade spesso per le figure sportive o di successo — ma riconosciamole per quello che sono: persone normali, con le loro esperienze, desideri e difficoltà, esattamente come chiunque altro.
La vera inclusione passa dal trattare ogni individuo con cura ed empatia, senza mitizzazioni né pietismi, ma con il rispetto dovuto a ogni cittadino. Solo così potremo costruire una società realmente equa e accogliente.”
Federica Nobilio