Francesco, come è iniziato il tuo percorso nel pugilato?
“Bisognerebbe tornare indietro di circa cinquant’anni. Ho cominciato come tanti ragazzi che si avvicinano alle palestre. Mi sono appassionato al pugilato anche grazie a mio fratello che frequentava la palestra. Ho esordito nel 1976 e subito sono diventato campione d’Italia. Poi sono stato chiamato in nazionale, dove mi sono preparato per competizioni internazionali come i campionati europei e le Olimpiadi. Da lì ho iniziato a fare pugilato in modo serio, fino a vincere la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Los Angeles e conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi WBO nel 1989”.
Qual è la cosa più bella che ricordi della tua carriera e quella che avresti voluto realizzare?
“Durante la mia carriera professionistica ho combattuto contro avversari di altissimo spessore. Sicuramente, l’incontro con Tyson sarebbe stato il coronamento della mia carriera. La sorpresa più grande è stata arrivare a questi livelli, perché non mi aspettavo di raggiungere traguardi così grandi. Ho cominciato per gioco, senza immaginare che sarebbe diventata una carriera vera e propria. Ho iniziato come un ragazzo normale, uscivo la sera e non mi allenavo tutti i giorni. Poi, con il tempo, è diventato il mio sogno e mi ha lanciato nell’Olimpo dei migliori”.
Oggi la boxe è anche un importante strumento sociale. Cosa consiglieresti ai giovani e ai genitori che vogliono avvicinarsi a questo sport?
“Il pugilato insegna rispetto. Se un genitore vuole che suo figlio entri in palestra, lo consiglio vivamente. La boxe non è solo combattere, ma difendersi e imparare a rispettare gli altri. Insegna a usare la violenza solo per scopi sportivi. La prima regola che il pugilato insegna è quella di difendersi, non farsi colpire. Nella mia palestra, chi non rispetta le regole non può far parte della squadra. Ho visto molti ragazzi che sono arrivati con un po’ di esuberanza, ma alla fine hanno imparato a capre il valore del rispetto e a comportarsi in modo responsabile”.
Quanto è pericoloso il pugilato?
“Il pugilato ha delle regole precise. Diventa pericoloso solo se lo si pratica in modo scorretto. Le regole sono chiare e aiutano a prevenire gli infortuni. Un pugile non dovrebbe mai colpire un avversario in modo irregolare o violento. La pericolosità nasce solo da un comportamento irresponsabile, ma quando il pugilato viene praticato correttamente, è uno sport sicuro”.
Che ruolo ha lo sport nel sociale?
“Lo sport ha un impatto molto importante a livello sociale ed è uno strumento per l’inclusione e l’educazione dei giovani. Il pugilato non è solo uno sport di combattimento, ma un modo per insegnare il rispetto e la disciplina. Ho sposato il progetto “Uniti nel sociale” della Nazione Italiana Calcio Olimpionici. Organizziamo convegni per sensibilizzare contro il bullismo, il cyberbullismo, la violenza di genere e facciamo partite di beneficenza. Lo sport può davvero essere un veicolo di cambiamento, portando valori positivi e contribuendo alla crescita sociale”.
Quante medaglie hai vinto in totale?
“Ho perso il conto, dovrei andare a vedere a casa di mia madre (ride). Ho partecipato a numerosi campionati europei e mondiali, e ho avuto la fortuna di trovare un gruppo eccezionale di allenatori e compagni di squadra. Ogni medaglia ha un valore speciale, ma la soddisfazione più grande è stata quella di aver dato il meglio di me stesso per il mio paese e per il pugilato.
Ho cercato di tramandare la mia esperienza a nuove generazioni di pugili diventando allenatore e promotore. Ho avuto la fortuna anche di trovare un gruppo eccezionale da coach e ho molti medagliati sulle spalle, il che per me è una grande soddisfazione. Sono felice di essere un modello di riferimento per giovani atleti e per tutti coloro che credono nei valori dello sport”.
Irene Taurino