Oggi è la Festa del Papà.
Una giornata dedicata a tutti quei padri che ogni giorno si prendono cura dei propri figli, in silenzio, senza clamore. Padri sposati, padri separati, padri soli, padri che sacrificano sogni e ambizioni per essere presenti, per costruire il futuro dei loro figli.
Eppure, di loro si parla troppo poco. Troppo spesso la narrazione della genitorialità è sbilanciata, incasellata in schemi rigidi che non rispecchiano la realtà. Perché non è vero che solo le madri si prendono cura dei bambini. Non è vero che il ruolo di accudimento appartiene solo alle donne. Ci sono padri che, dopo una separazione, vivono il trauma dell’allontanamento forzato dai figli, abituati fino al giorno prima a vestirli, a preparar loro la colazione, a consolarli per un brutto voto a scuola o a raccontare loro una storia prima di dormire. E da un giorno all’altro, tutto questo viene regolato da un calendario deciso da un tribunale, da orari e tempi stabiliti da chi non sa nulla della vita di quelle persone, di quelle donne, di quegli uomini. E, soprattutto, di quei bambini.
So bene cosa significa. Sono figlia di un padre separato, che ha scelto di intraprendere un’altra strada senza mai smettere di esserci. Sono anche una donna separata, che ha vissuto sulla propria pelle la complessità di una separazione, ma che ha avuto accanto un ex marito che è un padre straordinario.
Lo so bene, perché nella mia vita ho conosciuto molti di questi padri. Li ho visti da vicino, li ho ascoltati. Li ho visti combattere ogni giorno con la nostalgia di un quotidiano che non c’è più. Con le difficoltà economiche di chi si ritrova improvvisamente a dover gestire una nuova casa, il mantenimento, le spese, il mutuo che magari continua a pagare per la famiglia da cui è uscito. Li ho visti cercare di costruire un nuovo equilibrio, tra il dolore e il senso di responsabilità, tra la frustrazione e l’amore. Alcuni hanno rapporti splendidi con i loro figli, altri si scontrano con distanze imposte, incomprensioni, ostacoli.
E poi ci sono quei padri che i figli non li vedono più. Non perché non lo vogliano, ma perché qualcuno ha deciso che non devono più far parte della loro vita. Perché in certe situazioni, la vendetta può travestirsi da diritto, e la legge può diventare un’arma per annientare invece che proteggere. E poi ci sono quei padri che i figli li hanno persi davvero, per sempre, per un evento drammatico che ha strappato loro la possibilità di vederli crescere. Padri che continuano ad essere padri, ogni giorno, anche senza poter più sentire una voce, abbracciare un corpo, guardare un volto cambiare con il tempo.
Di loro si parla poco. Non fanno notizia perché non compiono gesti eclatanti, non riempiono le pagine della cronaca nera. Sono padri silenziosi, piccoli eroi quotidiani che non chiedono altro che il diritto di essere riconosciuti.
Ma questa riflessione riguarda anche la società in cui viviamo. Una società che tende a semplificare, a ridurre tutto a categorie contrapposte: uomini contro donne, madri contro padri, vittime contro carnefici. Ma la realtà è molto più complessa.
Le donne, troppo spesso, subiscono violenze. È un dato di fatto. Ma esistono anche uomini che vivono ingiustizie, che vedono negato il loro ruolo di padri, che lottano per essere riconosciuti. Esistono donne che esercitano una forma di violenza sottile, manipolativa, che trasformano la separazione in un campo di battaglia, privando i figli del diritto a un padre presente.
Se vogliamo costruire una società più giusta, dobbiamo smettere di raccontare il mondo in termini di scontri assoluti. Non esiste un universo di uomini crudeli e donne vittime, né un sistema in cui gli uomini dominano e le donne subiscono in silenzio. Esistono persone, con le loro fragilità, con i loro errori, con le loro battaglie quotidiane.
Io sono una donna che ha sempre creduto nei diritti delle donne. Ho voluto con tutta me stessa la mia indipendenza e la mia libertà. E proprio per questo credo che la vera parità non sia uno scontro tra generi, ma un riconoscimento reciproco. Un figlio ha bisogno di una madre e di un padre. Di affetto, di stabilità, di continuità. E questo amore non può essere misurato in giorni stabiliti da un giudice, ma nella costanza di un legame che nessuna separazione dovrebbe spezzare.
Oggi, nella Festa del Papà, voglio dire grazie a tutti quei padri che non smettono di esserlo, nonostante tutto. A quelli che resistono, a quelli che lottano, a quelli che ogni giorno trovano un modo per restare accanto ai loro figli.
E voglio dire grazie anche alle madri che capiscono che la felicità di un figlio passa attraverso l’amore di entrambi i genitori.
Perché alla fine, oltre ogni conflitto, oltre ogni separazione, oltre ogni dolore, ciò che conta davvero è questo: l’amore.
E l’amore non ha genere.
Federica Nobilio