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Così possiamo cambiare l’Europa per un’Italia più forte

Nicola Procaccini: "Così possiamo cambiare l’Europa per un'Italia più forte"

Intervista a Nicola Procaccini

L’Europa di oggi è davvero all’altezza delle sfide che deve affrontare?

Nicola Procaccini, europarlamentare di Fratelli d’Italia e co-presidente del gruppo dei Conservatori al Parlamento europeo, racconta il suo impegno per un’Unione più vicina ai cittadini, meno burocratica e più attenta alle identità nazionali. Dalla politica energetica alla gestione dei flussi migratori, passando per il ruolo strategico dell’Italia, ecco la sua visione per un’Europa che cambia.

On. Procaccini, può raccontarci quali sono state le principali esperienze e sfide che ha affrontato nel corso della sua attività al Parlamento Europeo?

Direi che la sfida più importante è certamente l’azione condotta per cercare di cambiare l’Unione Europea dall’interno, per evitare una deriva ideologica che possa rischiare di spezzare le radici storiche e culturali su cui si fonda l’Europa, fino ad allontanarla sempre più dai cittadini e dalle loro esigenze reali. Quello che abbiamo visto in questi anni è stata una UE che si è proposta come un colosso burocratico, distante dalle esigenze e dalle peculiarità delle varie nazioni che la compongono e che ne rappresentano la vera ricchezza, come era nella idea originaria della stessa UE.  E’ una sfida che insieme agli altri europarlamentari di Fratelli d’Italia e ai conservatori europei continuo a portare avanti. In questo quadro, l’esperienza di poter guidare il gruppo dei conservatori al Parlamento europeo è davvero un punto di osservazione e di azione di primo piano per poter contribuire a cambiare l’Europa e renderla all’altezza delle enormi questioni che l’accelerazione della storia oggi ci pone davanti. 

Nel contesto delle attuali dinamiche europee, quali sono le priorità che si propone di difendere per l’Italia e come intende trasformarle in opportunità concrete per il nostro Paese?

Sono due le grandi questioni da cui dipende il futuro sociale ed economico non soltanto dell’Italia: sono l’autonomia energetica e le migrazioni unite al fattore demografico. In breve, per la sua storia e la sua collocazione geopolitica l’Italia ha un ruolo chiave nella evoluzione del quadro geopolitico mondiale, così come velocemente sta avvenendo in questi ultimi anni. Questo pone la nostra nazione in una particolare condizione strategica, che presenta al contempo rischi e interrogativi ma è soprattutto una grande opportunità per affermare il ruolo che la storia ci ha assegnato. Quello, cioè, di essere da sempre quel ponte naturale sul Mediterraneo e quindi verso l’Africa e il vicino Oriente che ci rendono nazione chiave sotto il profilo politico ed economico. Con il governo Meloni l’Italia sta valorizzando questa consapevolezza e recuperando la sua centralità, e direi anche dignità, a livello internazionale. Lo stiamo facendo attraverso la fitta e continua azione diplomatica condotta direttamente dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che poi si trasforma in azioni concrete come nel caso del “Piano Mattei” per l’Africa. Quest’ultimo ha due grandi priorità: da un lato, governare i fenomeni migratori attraverso accordi di cooperazione con le nazioni di origine e transito dei migranti, evitando così tragedie umanitarie e rendendo gestibile flussi migratori limitati e controllati verso l’Italia e l’Europa. Dall’altro lato, fare dell’Italia sempre più l’hub energetico dell’Europa, collaborando con le nazioni di Africa ed Oriente in un approccio di partnership con reciproci vantaggi. Sono temi che, se ben gestiti, possono rappresentare grandi opportunità per l’Italia.

 Quali progetti e iniziative ritiene possano favorire lo sviluppo economico e sociale del Lazio all’interno del quadro europeo, e in che modo il Parlamento Europeo può contribuire a queste trasformazioni?

Il legame più forte e più evidente che esiste tra il Parlamento europeo e i territori, quindi anche il Lazio, è indubbiamente connesso alla erogazione dei fondi, di natura diretta e indiretta, che consentono di finanziare e realizzare progetti in vari settori, non ultime le politiche di coesione. Non sempre l’Italia, e la stessa Regione Lazio, è stata all’altezza di sfruttare le opportunità offerte da tali finanziamenti, spendendo meno risorse di quante l’Europa mette a disposizione. Ma è necessario sottolineare che l’amministrazione attualmente  guidata dal Presidente Francesco Rocca ha invertito la tendenza delle precedenti amministrazioni e sta ben cogliendo queste opportunità, con l’ottimo lavoro dell’assessore al bilancio Giancarlo Righini. Fondi europei che sono destinati soprattutto allo sviluppo e valorizzazione della filiera e dei prodotti agroalimentari, settore strategico per il Lazio e l’Italia, un vero valore aggiunto che l’Italia può offrire all’Europa, ma anche per le politiche sociali. Il Parlamento europeo che, come noto, non è organo esecutivo è chiamato a dare le sue indicazioni per ben indirizzare il finanziamento dei progetti e dei programmi di sviluppo per garantire che i fondi messi a disposizione consentano ad ogni nazione di realizzare le azioni di sviluppo nei settori dove più vi è necessità di investire.                       

 Il tema della sovranità nazionale è spesso al centro dei dibattiti europei. In che modo la sua attività parlamentare riesce a conciliare l’esigenza di un’Italia forte e autonoma con l’impegno per un’Europa unita?

Questa è la grande questione che caratterizza la mia attività parlamentare. Ci sono due modelli di Unione Europea. Un modello federalista, il quale vorrebbe realizzare una sorta di superstato, che è il modello del manifesto di Ventotene ma non è il modello che ha ispirato la nascita dell’Unione Europea, al quale invece io mi sento molto più vicino. Ovvero il modello confederale, dove le nazioni non scompaiono, dove invece le nazioni sono decisive, fondamentali nella loro libertà e sovranità che devono essere salvaguardate. D’altra parte, queste stesse nazioni decidono di unirsi su poche grandi questioni, su pochi e fondamentali temi. Per esempio la difesa comune, laddove da sole le nazioni non sarebbero capaci di difendersi con la stessa efficacia. E’ proprio questo il fulcro del mio impegno di parlamentare e quello dei conservatori europei. La nostra visione dell’Europa è, del resto, quella immaginata dai padri fondatori della UE. La peculiarità di ogni nazione e la tutela e valorizzazione delle caratteristiche delle nazioni stesse rappresentano la vera ricchezza dell’Europa. L’Europa compie la sua missione ed è più forte se le diverse nazioni mantengono le loro radici e si uniscono per raggiungere pochi, grandi obiettivi che da sole non riuscirebbero a realizzare. E’ una visione che era già valida al tempo dei Trattati di Roma costitutivi della Ue e vale ancor più oggi in un contesto geopolitico ancora più complesso in cui l’Europa rischia di essere schiacciata se non ritrova le sue radici, la sua identità.

 Quali sono, a suo avviso, le maggiori criticità e ostacoli che il Parlamento Europeo deve affrontare oggi, e come si riflettono queste problematiche nella sua esperienza quotidiana?

Per chi come me ha fatto il sindaco di una città italiana, come Terracina, in cui in ogni momento ci sono criticità di natura diversa da affrontare, ma c’è anche il contatto diretto con i cittadini e la possibilità di risolvere concretamente e in breve piccoli e grandi problemi, ad esempio vedere un’aera verde sistemata in pochi giorni o dare ai cittadini un nuovo servizio, non è stato facile confrontarsi con le dinamiche di un “mostro” burocratico come il Parlamento europeo. Il bagaglio di questa mia esperienza di amministratore nel territorio ho portato a Bruxelles, cercare di applicarla nel concreto per vedere come i provvedimenti varati nel PE possono incidere positivamente sulla vita reale delle persone ed evitare che invece che quegli stessi provvedimenti diventino ostacoli e pesi da sopportare. Vista così la mia attività a Bruxelles non è stata inizialmente facilissima, scontrandosi con le due maggiori criticità che sono rappresentate dalla eccessiva burocrazia delle istituzioni europee e da un distacco con la realtà di imprese e famiglie, un distacco ampiamente percepito dai cittadini. L’Europa per la quale combatto e che cerco di costruire con gli altri parlamentari di Fratelli d’Italia e del gruppo dei Conservatori è soprattutto quella che di una istituzione più snella, che non sia più quell’opprimente gigante burocratico che tende  a condizionare ogni aspetto della nostra vita, da cosa mangiamo a come ci muoviamo, invadendo ambiti decisionali che invece devono essere lasciati alle singole nazioni proprio perché ognuna di esse ha specifiche peculiarità ed esigenze che vanno rispettate e che, spesso, non possono essere uniformemente normate.  

In un periodo di ripresa post-pandemica, quali strumenti e politiche ritiene fondamentali per sostenere le imprese italiane e migliorare il benessere dei cittadini, sia a livello nazionale che regionale?

La linea da seguire è certamente quella di lavorare per migliorare la qualità della vita dei cittadini e la capacità produttiva delle imprese. Migliorare, in sostanza, il livello dei servizi per famiglie e imprese e questo si deve tradurre in investimento delle risorse in maniera produttiva e lungimirante, non più nelle mancette di Stato come era avvenuto con i governi di sinistra e dei bonus senza fine per raccattare consenso elettorale e che hanno devastato i conti pubblici. Il governo Meloni ha fermato quella emorragia, invertendo la rotta per conciliare le esigenze immediate di cittadini e imprese ma guardando anche alle politiche di medio lungo termine. Emblematico ciò che sta accadendo nel settore energetico, con il sostegno a famiglie e imprese per affrontare gli aumenti delle bollette ma anche la programmazione di strumenti adeguati per cercare di portare l’Italia il più possibile vicina alla autonomia energetica.

 Ci può indicare qualche risultato concreto o progetto portato avanti durante il suo mandato che, a suo parere, possa rappresentare un punto di svolta per l’Italia in Europa?

Difficilmente un singolo progetto può essere punto di svolta per una nazione. Parlerei piuttosto di una strategia e di politiche basate sul buonsenso, sul pragmatismo, senza agire sotto la spinta della ideologia ma con l’attenzione alle esigenze reali dei cittadini. E’ il lavoro che stiamo facendo per proiettare in Europa l’approccio e direi lo stile politico del governo italiano. Un approccio pragmatico, appunto, in virtù del quale l’Italia sta diventando un modello di riferimento, dalle politiche migratorie alla diplomazia ad ampio respiro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, artefice di questa politica che si sta dimostrando molto efficace. Tutto questo, poi, va calato nella praticità dei vari progetti e azioni di sviluppo e qui potrei fare diversi esempi su come l’efficacia di questo approccio stia portando ad ottimi risultati in Europa. Le grandi questioni del Green Deal e delle politiche ambientali e le stesse politiche migratorie per le quali, grazie soprattutto al grande lavoro fatto da noi Conservatori e dal governo italiano in sede di Consiglio europeo, ne sono un esempio evidente e hanno portato Bruxelles ad adottare un approccio e misure meno ideologiche e più basate sulla realtà e le esigenze di famiglie e imprese.                       

Guardando al futuro, quale visione strategica si prefigge per rafforzare il ruolo dell’Italia all’interno dell’Unione Europea, in un contesto in cui emergono sempre più tensioni e differenze tra gli Stati membri?

Siamo una nazione che può dire molto grazie alla grande rete diplomatica che Giorgia Meloni e il suo governo stanno realizzando e che hanno fatto riprendere all’Italia il ruolo strategico che le spetta quale nazione fondatrice della UE, membro del G7 e forza economica di primo piano in Europa e, non ultimo, ponte verso il Mediterraneo e quindi verso Africa ed Oriente. L’Italia, quindi, può rappresentare uno snodo politico e diplomatico fondamentale per la UE e per far cambiare quel modello per cui c’è troppa Unione Europea nelle piccole cose e ce n’è poca nelle grandi cose. Ecco, come dice anche il mantra dell’ECR: do it less do it better, riteniamo che l’UE  dovrebbe fare meno cose ma nello stesso tempo fare meglio poche grandi cose. Tra queste vi sono sicuramente la politica estera, le politiche energetiche e la tutela del mercato comune europeo e la difesa, perché ritengo che debbano essere maggiormente integrate le difese nazionali all’interno di un sistema europeo che è più performante rispetto alle capacità delle singole difese nazionali.

Nel contesto attuale, in cui le tensioni geopolitiche e i conflitti in corso rappresentano una sfida per l’intera Unione Europea, quali misure e iniziative ritiene necessarie per garantire stabilità e sicurezza, e quale ruolo vede per l’Europa nel contrastare queste dinamiche?

Le sfide più urgenti cui la UE naturalmente è chiamata sono l’immigrazione, l’autonomia energetica e tecnologica, la competitività economica, quest’ultima nella scorsa legislatura massacrata e sacrificata sull’altare di un ambientalismo furioso, cieco e deleterio.  Il tema dell’immigrazione e della sicurezza è sicuramente una delle grandi questioni centrali e determinanti del nostro tempo, che va affrontata attraverso un governo della immigrazione. Non si tratta semplicemente di chiusura ma qualcosa di diverso, di più complesso: significa accogliere ed integrare coloro che per davvero hanno diritto all’asilo e che sono, mediamente, il 15% delle persone che lo richiedono e che arrivano in Europa. Per rendere integrabili queste persone anche nell’economia europea due cose sono essenziali. La prima, è chiedere a chi vuole entrare in Europa per l’appunto di volersi integrare, di condividere la nostra cultura, il nostro punto di vista anche religioso, e soltanto a partire da questa condivisione si può parlare di integrazione. L’altro elemento determinante è lo stop all’immigrazione illegale. Perché si possa avere una piccola quota di immigrazione legale selezionata, magari anche professionalmente ben scelta, bisogna essere fermi e risoluti nel contrastare l’immigrazione illegale. E l’unico modo per poterlo fare è lavorare sulla dimensione esterna ai confini europei, là dove i migranti partono abbandonando le loro terre e le loro case e garantendo invece il loro diritto a non emigrare, anche attraverso un rapporto di leale collaborazione con gli Stati di origine e transito dei migranti.

Infine, quale messaggio vorrebbe trasmettere ai cittadini italiani, e in particolare a quelli del Lazio, riguardo alle opportunità future e al ruolo fondamentale che essi possono giocare nella costruzione di un’Italia più forte in Europa?”

Il messaggio è semplice: l’Europa e l’Italia sono più forti se riescono a difendere le proprie radici e le rispettive identità dal cui confronto e amalgama nasce la vera ricchezza dell’Europa. Se l’impegno di tutti è indirizzato verso questa direzione abbiamo chances di contribuire a realizzare un futuro fatto di sicurezza e sviluppo. Diversamente, dimenticando che le nostre radici sono da conservare e custodire e risolvendo tutto in globalismo indifferenziato che tutto fagocita e annulla, non resterà nulla per cui valga realmente la pena combattere.

Grazie, Onorevole, per il tempo che ci ha dedicato e per aver condiviso con noi la sua visione sull’Europa e il ruolo dell’Italia. In bocca al lupo per le prossime sfide!

Federica Nobilio 

 

 

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